La morte di Paolo Rossi: da Prato alla superficie del mondo con Boniberti e Birzout

La morte di Paolo Rossi: da Prato alla superficie del mondo con Boniberti e Birzout

L’allenatore del 1982 e presidente della Juventus all’epoca credeva in Pableto anche dopo essere stato sospeso per due anni per lo scandalo delle scommesse. Nella stagione post-calcistica, era un commentatore popolare

Mal di schiena, test diagnostici. In questi casi si pensa a un nodulo al disco, un’ernia, nulla che non possa essere riparato. Poi il terribile verdetto: cancro ai polmoni. Paolo Rossi, Pableto dall’Argentina 78 e Spagna 82, è morto in breve tempo, trascinato da un male schifoso e traditore. I suoi compagni rai, il giornalista televisivo di cui parlava, gli erano vicini. Gli hanno inviato video motivazionali per supportarlo nella battaglia. Purtroppo questo 2020 non dà tregua. Due settimane dopo la morte di Diego Maradona, anche Rossi è stato salutato. Terribile sequenza, prima il re indiscusso del Messico, poi il cover man ai Mondiali di Spagna ’82.

Inizi

Rossi nasce a Prato, vicino a Firenze, e muove i primi passi a Santa Lucia. Si è subito affermato come un attaccante intelligente e intelligente con uno straordinario senso dello scopo. Ambrosiana e Católica Virtus sono altre due squadre, anche gli spettatori della Juventus hanno messo gli occhi su di lui. A Torino i giovani muoiono. È un esterno e Osvaldo Banolli è quello che vede in lui le qualità del centravanti. È successo nel 1975 a Como, dove Paulo era in prestito. Poi la Juventus lo trasforma in Vicenza e qui diventa super cool. Nonostante i ricorrenti problemi al ginocchio, tre del menisco sono stati rimossi, GB Fabry è stato finalmente lanciato come numero 9 e Paolo Rossi ha vinto il titolo di capocannoniere 1977-78 con 24 reti. In estate una notizia entusiasmante: un russo di proprietà comune di Vicenza e Juventus e José Farina, presidente del Club di Venezia, l’hanno conquistata sulle buste per oltre due miliardi di lire. Nel frattempo, Enzo Birzot lo ha scaricato in nazionale e Paolo Pableto è diventato la finale del Mondiale 1978 in Argentina, la Coppa del Mondo in cui ha segnato gol spettacolari e ha mandato in rete Petega creando un triangolo mozzafiato contro i padroni di casa Argentina.

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Viaggio e redenzione

Tutto sembra bello e perfetto, ma lo scandalo delle scommesse incombeva sulla vita e sulla carriera di Rossi, che da allora si è trasferito a Perugia. Lo squalificarono per due anni dalla giustizia sportiva, mentre veniva assolto dalla magistratura ordinaria. Gli arbitri di calcio gli fanno pagare per qualche istante l’intervista a uno dei promotori di Totonero, un breve dialogo la sera del Retreat Day, posizione in cui Rossi capisce il problema e scivola velocemente. Più tardi, una delle parti coinvolte ammetterà che Rousey non ha acconsentito a nulla o che ha preso dei soldi, e che non ha superato poche parole dalla busta. Al massimo, sotto-segnalazione. A due anni dalla pausa, due persone credono in lui: Giampiero Boniperti, che lo ha riportato alla Juventus, ed Enzo Bearzot, l’allenatore della Nazionale. Birzot gli “chiede” cosa sia successo, convinto della buona volontà del ragazzo. Lo difende da tutto e da tutti e lo difende per i Mondiali in Spagna. Nella prima tappa Rossi era sottopeso, non aveva forza muscolare e camminava in campo. La critica lo massacra, ma Birzot si alza e viene premiato. Pableto esplode nella seconda partita della seconda fase, il 5 luglio 1982, a Sarria a Barcellona, ​​in Italia e Brasile 3-2. Ha realizzato una trilogia epica, che diventerà il titolo di uno dei suoi libri: I Made Brazil Cry. Poi altri due gol contro la Polonia in semifinale e uno contro la Germania Ovest in quel momento nella finale di Madrid. Campione italiano nel mondo. “Ho guardato la folla, i compagni, e dentro ho sentito un vago rancore – scrisse Pableto anni dopo -. Adesso devi fermare il tempo. Non avrei mai più vissuto un momento simile. Mai più in tutta la mia vita”. Holy Truth: raggiunto il culmine, solo Pableto, grazie alle sue ginocchia danzanti, può scendere. Juventus, Milan e poi la fase finale, a Verona. A seguire, una bella carriera da telecronista, tra Sky, Mediaset e Rai, e un’attività imprenditoriale, un ranch ad Arezzo. Ora la morte ferisce come una pugnalata al cuore. Ma Pablo è vivo, nella memoria eterna quel pomeriggio a Sarria. Pableto per sempre.

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