La vittoria della Juventus sul Cagliari è anche la mia vittoria personale. Ho sempre creduto in Federico Bernardeschi. Ora è facile versare fiumi d’inchiostro sulla “rinascita” di Bernardeschi.
La Juventus è bella, ma è vietato tirare fuori lo champagne. Al massimo Prosecco. A causa di tante cose buone, il Cagliari è troppo magro per essere considerato un banco di prova affidabile. Certo, Cr7 ha segnato 60 gol in 69 partite di Serie A. Ma oggi la Juventus fa molto affidamento sui propri esseri extraterrestri. Se segna sempre prima o dopo, può accumulare. Quindi sarebbe il caso che gli altri, soprattutto i centrocampisti, farebbero storie. De Ligt ha mostrato com’era al suo ritorno: il migliore nel suo ruolo.
L’olandese ha spiegato che con Pirlo “giochi al calcio moderno e accetti di difendere l’uomo”. Devoto a Maurizio Sarri, il tecnico ha frainteso di non avere rimpianti a Torino, nonostante abbia vinto il suo nono titolo nella storia recente di Madama.
La Juventus dovrà dimostrare contro avversari di proporzioni maggiori che la strada intrapresa da Pirlo è quella giusta.
Qualunque sia la stagione, sarà meglio avere le idee chiare per giugno. Affidandosi a Mino Raiola. A Gravenberch e per capire come raggiungere Haaland. Fenomeno (vincitore del premio annuale presentato da “Tuttosport”) che non ha più qualità. Un “delitto” si è ripetuto lo scorso anno quando il norvegese ha potuto raggiungere Torino. Adesso il processo è complicato: anche se la Juventus può battere la concorrenza.
Venite alla vecchia questione dell’arbitrato. I rigori sparati per i ridicoli palloni in area sono quasi scomparsi (ma alcuni fischi ancora “mordono”), restano aperte le schede dei gol cancellate per “fuorigioco”, le regole, quelle in vigore, che sono in conflitto con lo spirito del gioco. L’Atalanta trascende la fantasia, la “realtà romantica” che ha annullato un bel gol (di Goossens) per il “colpo di testa di Homer” di Zapata colto in fuorigioco, squarciare gli equilibri tra attaccante e difensore. L’attuale protocollo ha tutto il vantaggio a favore dei difensori. Chi l’ha scritto non aveva idea di quanto impegno sarebbe costato segnare un gol. L’obiettivo è Edelweiss: difficile da trovare. Il protocollo dovrebbe essere rivisto. È assurdo. massacro. Settimanalmente. I gesti artistici estremamente belli sono vanificati da una macchina imprecisa. I burocrati conoscono le regole. Ma sono “terzo posto” rispetto al gioco. Non cercano mai di correre guardando a destra ea sinistra, con due avversari su un fianco, mentre la palla scivola verso il piede o la testa. Anche le bandiere sono spesso sbagliate (in buona fede): è una questione di “percezione” visiva. Bisogna combattere diversi selvaggi. Nel frattempo, lo spettacolo (Football) non ti ringrazia.
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Andrea Bosco ha lavorato in “Guerin Sportivo”, “Gazzetta dello Sport”, “Corriere d’Informazione”, “Rizzoli”, “Giornale”, Rai e Corriere della Sera. Nelle ultime settimane è stato anche nelle librerie italiane e nei negozi online con il suo ultimo libro “The Dirty Angel”, dedicato a El Cabezon Omar Sivori e edito da Minerva Edizioni, con un’introduzione di Italo Cucci e un epilogo di Gino Stacchini
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