L’esenzione non si applica alla residenza principale a meno che il proprietario e la sua famiglia non provino la residenza anagrafica nella stessa unità immobiliare
La controversia è relativa al ricorso presentato dal contribuente avverso gli avvisi di accertamento ai fini dell’IMU con il quale è stata rifiutata la struttura di cui all’abitazione principale per mancanza di una condizione di base, ovvero che il nucleo familiare abbia stabilito abitazioni in fabbricati ubicati in comuni diversi. In particolare, il contribuente aveva la residenza anagrafica nell’immobile che ne usufruiva mentre la moglie, per esigenze lavorative, trasferiva la residenza in altro comune.
Il ricorso è stato accolto dal Ctr, e contro tale decisione la locale società di raccolta ha presentato un nuovo ricorso alla Corte di Cassazione riconoscendo l’esonero nonostante l’immobile non fosse adibito a residenza abituale per l’intero nucleo familiare. Il tribunale ha dichiarato che il motivo era fondato revocando la sentenza impugnata, ha deciso nel merito e ha ordinato il rigetto del ricorso del contribuente originario.
Il punto di partenza è la redazione della norma iniziale (D.Lgs. 201/2011), secondo la quale “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscritto all’Anagrafe Urbana come unica unità immobiliare, in cui abitualmente risiede e risiede nel registro il proprietario e il nucleo familiare”. Secondo la Corte Suprema, questa regola “richiede che sia il proprietario che la sua famiglia vi debbano risiedere stabilmente, oltre che risiedervi con riferimento all’unità immobiliare stessa”. Un caso che non si accontenta della coppia che vive in due case diverse.
Secondo la sentenza, non solo non si ha diritto alla riduzione del prezzo di entrambe le unità immobiliari, ma non è nemmeno possibile scegliere a quale immobile rivolgersi: non essendo soddisfatte le condizioni di base, non può essere applicato l’Imu ridotto della Corte di Cassazione. Non dalle due case.
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