George Sanders è stato il grande poeta cinematografico della secca ironia – e non meglio di Voyage to Italy

George Sanders è stato il grande poeta cinematografico della secca ironia – e non meglio di Voyage to Italy

Un giorno farò un pellegrinaggio all’Hotel Rey Don Jaime a Castelldefels, 10 miglia a sud di Barcellona, ​​dove Jorge Sanders si suicidò nel 1972 (“Dear World”, scrisse distintamente nella sua nota entusiasta alla polizia, “Me ne vado perché sono annoiato .. Vi lascio con le vostre paure in questo bellissimo bacino … “) Intanto c’è sempre l’Hotel Excelsior di Napoli, dove Sanders e Ingrid Bergmann fecero un viaggio in Italia nel 1954.” Che cosa dice Alexander Joyce degli italiani di Sanders, con rabbia o divertimento divertente Fastidioso “Non ho mai visto il rumore e la noia andare bene insieme”.

Se fossimo in Inghilterra con l’energia esotica di Arthur Aske, George Formby o Norman Wisdom; O all’estremo opposto, la depressione schiacciata di Tony Hancock e Peter Cook (la cui filosofia è stata infine ridotta a “Perché te ne importa?”) – con George Sanders, c’è un diverso tipo di stanchezza, che non è mai stato estenuante e che ha portato l’impressione di uno sviluppo fragile, disperazione. Aristocratico, in espansione, che è un ordine europeo piuttosto che regionale. Il limone amaro, per così dire, invece del profumo inglese di moquette elastica bruciata, moquette ammuffita e aceto di malto.

Sanders sarebbe andato bene, come ora penso, nel ruolo di Burt Lancaster nei panni di un antico e nobile principe siciliano, Don Fabrizio Corbera, ne Il Gattopardo. (Invece era la voce fusa di Sherikhan, la tigre, nel libro della giungla della Disney.)

In un viaggio in Italia, abbiamo due grandi star di Hollywood, tutte vestite in modo inappropriato, anche se in modo inappropriato. Sanders ha indossato una serie di pesanti cappotti di tweed, completi da salotto, giacche e cravatte. Il Bergman è avvolto in pelli di leopardo e pellicce – alla luce del sole di Napoli. Niente di razza, tuttavia, è che i personaggi sono circondati dal realismo italiano documentario di Roberto Rossellini – strade fatiscenti, siti turistici, hall di hotel, catacombe e miserabili residenti vestiti con abiti da lutto (tutti vestiti con abiti da lutto).

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Sanders e Bergmann (che Rossellini sposò polemicamente nel 1950) rimasero in vesti mitiche – con la sua aria ducale separata, gli occhi scuri, curiosi e cauti, che la rendevano molto esperta nel ritrarre vittime e missionari. “Dove siamo?” Sanders, in prima battuta, chiede. Bergman ha risposto: “Oh, non lo so esattamente”. Sono mostri leggendari, abbattuti dall’Olimpo. Lei è Catherine Joyce, il titolo ne è la prova – poiché in tutto il film desiderava ardentemente un amore perduto precoce, poeta inedito. “Era magro, biondo, alto, molto magro e romantico”, ricorda Greta Conroy, a Dublino.

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