Angela Weiss tramite Getty Images
Nella notte del 3 novembre, quasi certamente non sapremo chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. Il risultato continuerà ad essere atteso per settimane se interferirà, probabilmente, con il lento scrutinio dei voti per corrispondenza, che in alcuni stati proseguirà per altri 6 o 13 giorni, con controversie legali e disordini armati.
Pertanto, l’ansia di incontrare il nuovo presidente potrebbe non passare in modo del tutto pacifico. Per la prima volta migliaia di elettori rossi (repubblicani) e blu (democratici), così come alcuni leader, hanno apertamente dichiarato di non essere disposti ad accettare un presidente dall’altra parte, soprattutto se risulta da voti postali o da decisioni di tribunali statali e federali relative a stati in bilico.
Pertanto, il timore di eventi violenti se un risultato netto non si forma dopo il 3 novembre e non può essere modificato in seguito è infondato. La divisione della società durante il quadriennio Trump ha raggiunto un punto di impatto non solo sulla situazione economica ma anche sui conflitti sociali e culturali di alcuni settori popolari che si sono trasformati in intolleranza e aggressività.
I principali sostenitori di Trump sono i fondamentalisti evangelici bianchi delle aree rurali e suburbane del Midwest e del Sud che odiano le “razze” non bianche e la cultura “modernista” dell’aborto e del matrimonio tra persone dello stesso sesso: la loro eroina è la nuova giudice Amy Connie Barrett che tenterà di revocare molti dei diritti civili approvati dal tribunale di pressione Compresa l’estensione dell’assicurazione medica di Obama Care. Sulla stessa spiaggia ci sono gruppi armati fanatici che oggi si sentono in diritto di intervenire se chiamati a difendere le proprie idee.
Sul fronte democratico opposto agli elettori urbani e all’intellighenzia, anche i gruppi non bianchi sono posizionati alla maniera della maggioranza, specialmente i neri, compreso il Black Lives Matter, con partiti disposti a difendere i propri diritti ricorrendo alla forza con un altro gruppo indefinito di “Antifa” che I Trumpiani lo chiamavano un gruppo “comunista, socialista e anarchico” che rappresentava una minaccia per lo stile di vita americano.
Il massiccio voto preventivo che ha mobilitato quasi settanta milioni di americani – più della metà dell’elettorato, 136 milioni, quattro anni fa – è un chiaro segno che la tensione popolare è salita alle stelle non solo a sostegno del loro candidato. Ma anche per evitare che l’odiato avversario si insedi alla Casa Bianca.
Questo scenario segna la fine di quel “consenso” che da tempo caratterizza la democrazia americana, al di là delle divisioni politiche ed elettorali. Se si guarda alla storia americana e si cercano paragoni con l’attuale clima ardente, si pensa subito alle elezioni del 1860 che nominarono il presidente Abraham Lincoln e fornirono una scusa per la guerra civile, la sanguinosa rottura dell’unità degli Stati Uniti.
Certo, anche oggi il Sud e il Midwest sono diversi dagli stati urbani costieri, alcuni bianchi hanno ripreso l’odio per i neri ei colletti bianchi hanno poco in comune con gli eredi di frontiera, ma la civiltà millenaria non è la civiltà del selvaggio west. Tuttavia il pericolo che incombe dopo gli anni di divisione di Trump non sarà un facile ritorno a una normalità unita e pacifica.
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